Dal sito dell'ARI di Parma, quello che non c'è più, riporto una mia impressione, dell'allora 2010, che mi sembra ancora attuale.
Una riflessione
Inviato da i4nkf il Dom, 04/07/2010 - 16:37
Nei primi interventi (io arrivo agli anni 70 - 80) i mezzi di comunicazione ufficiali erano il telefono, quando c’era, con strutture che, con terremoti e inondazioni, andavano facilmente in crisi e il loro ripristino richiedeva anche settimane. I radioamatori erano i pochi in grado di ripristinare velocemente le comunicazioni usando le frequenze a loro disposizione.
Oggi la situazione è cambiata. I mezzi a disposizione sono più numerosi. Usano sempre la radio, per i collegamenti satellitari e cellulari. Gli apparati, non solo i nostri, sono meno ‘impegnativi’, più piccoli, con maggiore autonomia. Inoltre le varie istituzioni, che si occupano di soccorso e di PC, si sono attrezzate con sistemi di comunicazione propri (reti radio e non).
Tutto questo porta ad un più rapido ripristino delle comunicazioni classiche (telecom & C sono in grado di ripristinare con ponti mobili la telefonia cellulare in poche ore) e ad una minore necessità degli apparati radioamatoriali e delle loro frequenze.
In Emilia-Romagna (ma anche in altre regioni) esiste una rete di comunicazione su frequenze civili, sia con modi analogici che digitali.
Come si inseriscono i Radioamatori?
Le comunicazioni avvengono su frequenze civili (leggi:non serve la patente). Ponti ripetitori, fissi e mobili, sono piazzati sul territorio e la maggior parte dei volontari dispongono di apparati veicolari e palmari, semplici da usare.
In questo contesto, ma è una mia opinione, il ruolo del radioamatore cambia fortemente. La principale necessità resta la competenza tecnica. I nuovi mezzi sono semplici da usare, ma la struttura è complessa. L’operatore della sala radio deve comunque sapersi muovere fra apparati diversi su canali diversi, cosa non alla portata di tutti i volontari.
Il radioamatore diventa quindi un tecnico in grado di far funzionare l’insieme dei vari strumenti disponibili e, sempre più, deve dimenticare i propri apparati su frequenze radioamatoriali.
Anche la strutture, nazionale, regionale e locale sono cambiate. Ora la PC è meglio organizzata, con regolamenti, protocolli e procedure ben definite, quindi operare significa anche conoscere queste procedure e utilizzarle al meglio.
Aggiungo, poi, che l'ARI, non è una associazione di volontariato, come molte nate con scopo specifico di portare soccorso.
E' chiaro, che in caso di necessità siamo tutti disponibili. Ma siamo in grado di operare correttamente con tutta l'organizzazione di volontariato (che è molto complessa) se stiamo alla finestra e aspettiamo di essere coinvolti?
C’è poi l’impegno dell’ARI nazionale, ma in questo contesto non si vede un effettivo legame organizzativo e funzionale fra la struttura nazionale e quella locale. Occorrerà qualche chiarimento.
Un esempio molto banale, evidenziato anche nel sisma dell’Abruzzo. Gli interventi dei radioamatori da chi vengono gestiti: a livello nazionale o a livello regionale?
L’ARI nazionale è, ad oggi, un po’ nel pallone, presa con mille beghe legali e di riorganizzazione. E’ difficile avere direttive certe e ufficiali, la prova è in alcune specifiche richieste andate completamente disattese.
Insomma, occorre reinventarsi, specie a livello locale, e trovare un ruolo soddisfacente.
Occorre poi esserci,con la propria disponibilità e partecipazione.
Ogni commento è ben gradito.
Commenti
e' così.
Anche se lo scritto è del 2010, nulla cambia. Anzi, è reale oggi ancora di più. I radioamatori sono una risorsa tecnica per mantenere efficienti gli apparati e le antenne sulle frequenze civili in concessione ai vari COM COC e Comitati. Ma sono anche molto utili per spiegare - con corsi e magari dispense - come e quando si fanno i collegamenti radio, le aree di copertura, le possibilità offerte da apparati portatili, veicolari o fissi, così che il Volontario abbia una idea di "con chi" può riuscire oppure no a parlare via radio.
Vittorio ik4cie
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L’IMPEGNO DELL’ARI NELLA PROTEZIONE CIVILE
Attualmente molte sezioni ARI non hanno al proprio interno attivato un settore ARI-RE per gli interventi in emergenza causati dalle calamità naturali.
Solo in qualche provincia esse risultano inserite nei piani di intervento dei vari Comitati o Consulte regionali di P.C..
Il coordinamento dei vari responsabili ARI-RE non sembra abbia prodotto granché sul piano collaborativo con le organizzazioni di P.C. a livello provinciale.
Pare che pochi siano disposti ad assumere quella responsabilità, necessaria nelle situazioni di emergenza, senza avere precise indicazioni da parte del C.D.N. sul ruolo di coordinatore ARI-RE.
Tutto sembra affidato alla singola iniziativa del radioamatore che voglia assumersi tale funzione.
Mancando quindi protocolli e regole precise di responsabilità attualmente ci si arrangia al meglio con il risultato di un coordinamento precario e poco affidabile in un settore, quello dell’emergenza, nel quale invece occorre contare sulla disponibilità certa della partecipazione.
Difficile quindi risulta organizzare una struttura che necessita della collaborazione fattiva di molte persone che riceveranno in cambio solamente la considerazione degli enti istituzionali.
Cordiali 73
Ercole i4ers
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