Chi non c'è non conta, chi se ne è andato, fuggito, si è allontanato, non ha nessun titolo per lamentarsi. Stia zitto: è passato dalla parte del torto.

E' una visione semplicistica e spesso di comodo.

Fa comodo manovrare in modo che gli scomodi se ne vadano. Poi senza voler vedere il perché delle cose, li si esclude completamente, non ci sono e non contano, incolpandoli di essersene andati. Incolpandoli di quello che può essere successo prima e di quello che succederà. Una versione facile, alla quale molti credono o fingono di crederci.

Gli avvisi, le richieste di rimedi, di riconoscimenti, sono visti come imposizioni. "Mi ha detto: o così o ...". Se si guarda da una diversa prospettiva, ci si accorge che non è una imposizione, ma una denuncia di disagio che deve essere presa in seria considerazione, perché vede il 'denunciante' in una posizione che ritiene non più sostenibile. Dopo, una volta rotto il rapporto, è difficile rimediare. Un danno si fa in un secondo, ripararlo è molto più difficile, specie se qualche bacchettone ottuso emette proclami e sentenze.

Rivalutare la posizione di chi si è allontanato, capirne le motivazioni, non è semplicemente un dovere cristiano (Parabola del figlio prodigo), ma è un pensiero globale di umanità e di comprensione più alto di qualunque concetto, anche religioso. In ambito radiantistico si chiamerebbe ham spirit (e non è lo spirito del prosciutto), un concetto sulla bocca di molti, ma praticato da pochi.

Capiterà anche a me dire "chi non c'è non conta", ma cercherò di capire chi se ne è andato e, perché no, di riavvicinarlo. Almeno questo lo si deve specie a chi ha dimostrato di avere un  valore.